Spazio bimbi MilenaLo ammetto, non sono mai stata una persona molto impegnata nel volontariato. Ho sempre avuto un atteggiamento critico verso servizi offerti in modo gratuito da privati perché lo vedevo come un modo per consentire al pubblico di ritirarsi da quelle che sono, a mio parere, le sue responsabilità. Forse questo è anche un atteggiamento influenzato dal fatto che ho vissuto per più di due decenni negli Stati Uniti dove l’idea delle responsabilità del pubblico scarseggiano.

Nell’estate del 2016 sono tornata a Milano per un progetto di ricerca.

Questo progetto, finanziato dall’European Research Council, si svolge contemporaneamente in tre città europee: Milano, Parigi, e Amsterdam e si concentra sul tema della cittadinanza e della genitorialità, soprattutto per quanto riguarda le famiglie immigrate. Per partecipare a questo progetto mi sono trasferita con la mia famiglia a Milano dal Massachusetts, trovando un appartamento a San Siro, in via Paravia, zona di cui non conoscevo assolutamente nulla.

Per tutta l’estate, sotto il sole rovente, ho vissuto in un quartiere che mi sembrava alieno, non conoscendo nessuno, attraversando strade che mi avevano avvertito di evitare, nella disperazione di trovare scorciatoie verso l’Esselunga sotto il sole rovente e lavorando per cercare di focalizzare i temi e i siti della mia ricerca. Poi, nei primi giorni d’autunno ho partecipato ad una passeggiata del quartiere, organizzata da Mapping San Siro. Fra le varie persone interessanti che ho conosciuto, ho sentito parlare due donne che sembravano avere una conoscenza delle dinamiche del quartiere che mi interessava (sembravano pure molto simpatiche!) In questo modo ho conosciuto Stella e Beatrice, che mi hanno subito invitato a visitare ITAMA.

Intanto la mia ricerca si stava concentrando sempre di più sulle trasformazioni del welfare in Italia in un momento in cui si sovrappongono crisi multiple: lo strascico della crisi economica, il continuo approccio alla migrazione in modalità di crisi, la mancanza di risorse adeguate per far fronte a bisogni sociali crescenti e sempre più diversificati, e la pluralizzazione culturale della società italiana. Una delle risposte delle istituzioni e della politica a questa situazione è quella di celebrare e stimolare la partecipazione dei cittadini al fine di affrontare bisogni concreti a cui il pubblico e il sociale non arrivano, ma anche di generare e sostenere la coesione sociale.

Il mio interesse come ricercatrice al lavoro di ITAMA si è concentrato proprio sulla convergenza di questi aspetti: il lavoro con le famiglie (mamme) immigrate, la mobilizzazione di un impegno notevole dalla parte delle fondatrici e volontarie di questa associazione e l’attenzione allo sviluppo delle relazioni in un quartiere caratterizzato da dinamiche di separazioni su confini spaziali, sociali, e culturali netti e marcati.

Partecipando ad ITAMA, dal punto di vista della mia ricerca, ho imparato tantissimo. L’attenzione dell’associazione alle questioni legislative ma anche pratiche legate all’immigrazione mi hanno portato ad una formazione sul campo approfondita. Inoltre, uno dei temi, forse ovvio, ma penso importante, che la mia ricerca con ITAMA mi ha aiutato a focalizzare è la centralità delle questioni di genere non solo nelle dinamiche di migrazione, ma anche nelle trasformazioni in corso della cittadinanza sociale. L’opportunità di partecipare a tutti gli aspetti di ITAMA mi ha consentito inoltre di capire a livello esperienziale cosa significhi partecipare e diventare parte di una comunità come questa piccola, ma dinamica, associazione. Dato che uno dei temi chiave della mia ricerca esamina l’aspetto relazionale del nuovo welfare, l’opportunità di vivere la relazione in tutti i suoi aspetti è stata illuminante e preziosa per me.

Non solo come ricercatrice. Un anno fa questo quartiere mi era alieno. Adesso, a pochi giorni dalla partenza lascio un intreccio di amicizie e conoscenze con volontarie che si sono approfondite nei mesi in cui abbiamo condiviso storie di quotidianità e di vissuti fra una merenda e un gioco con i bambini dello spazio bimbi, fra un pranzo egiziano, una pizzata, un incontro sull’immigrazione, o una manifestazione contro i muri.

Lascio gli incontri con le donne e i bambini di ITAMA, ormai parte delle mie escursioni al mercato o al parco giochi con mio figlio, o le risate alle feste, o in gita, se non le occhiate condivise sul tram quando si sente l’ennesimo commento sui passeggini. E lascio momenti come quello, qualche mese fa, quando camminando per una di quelle vie che mi avevano consigliato di evitare ho sentito un “ciao!” e girandomi ho visto una bambina dello spazio bimbi, M.. Per tutto l’anno M. non ha mai detto una parola, ma avendomi riconosciuta dal balconcino inferrato della sua casa mi ha salutata con molta confidenza e un grosso sorriso. Ciao, M, ciao ITAMA, e ciao San Siro. Grazie di tutto quello che avete condiviso con me, e dell’accoglienza e senso di comunità che sapete generare.

Milena Marchesi

gruppo Itama